| “…Da Mendrisio raggiungemmo
Varese in carrozza attraverso la campagna, passando per Stabbio dove si trovano
bagni in estate molto frequentati dagli italiani. La strada è piacevole anche
se non tocca punti di particolare interesse. I turisti che scelgono questa
strada faranno bene non prendersi dietro sigarette se non vogliono pagare
diritti doganali dal momento che alla dogana c’è un funzionario molto severo su
quanto è dovuto ai suoi esattori. Mi hanno fatto pagare la dogana per quel
mezz’etto di tabacco che avrò avuto in tasca, per non parlare dell’ispezione
del bagaglio poco meno che inquisitoria. Da Varese proseguimmo
direttamente al Sacro Monte lontano 4 o 5 miglia e qualche
centinaio di piedi sopra la città stessa. C’è un ottimo albergo, l’hotel
Riposo, tenuto dal signor Piotti, vicino alla prima cappella e proprio sotto
l’arco che dà nella parte più sacra del monte; è un albergo comodissimo e mai
troppo caldo neppure nei giorni della canicola, gode di un panorama stupendo ed
è particolarmente adatto come quartier generale.
Mentre ci riposavamo osservammo i
pellegrini che andavano e venivano. Sembravamo tutti contenti e di ottimo
umore. Guardammo attraverso la grata la prima cappella e oltre l’arco, con un’ Annunciazione. La Vergine ha un vero lavabo,
con catino e brocca e un pezzo di sapone vero. Le pantofole sono disposte in
bell’ordine sotto il letto, con le scarpe e se ben ricordo c’è tutto
l’arredamento che la ditta Heal & Co. fornirebbe per la stanza da letto di
una signora. Forse ho già detto troppo sul realismo di questi gruppi di statue
dipinte, ma voglio aggiungere ancora qualche parola che aiuti il lettore a
capirli meglio di come appare agli stessi cattolici. Lo scopo è di rendere la
scena il più possibilmente viva agli occhi di chi non avrebbe altro modo di
figurarsela non avendo viaggiato o non avendo potuto coltivare le facoltà
immaginative. Come può un contadino italiano raffigurarsi con un’Annunciazione
meglio che non vedendola in questa cappella di Varese? Il buon senso suggerisce
o di non parlare affatto dell’Annunciazione ad un contadino o di offrirgli ogni
possibilità di concepire l’idea con chiarezza.
Impagliamo uccelli e altri
animali che riteniamo valga la pena esporre in un museo, cerchiamo di dare loro
l’aspetto più vivo possibile inserendoli fra cespugli e ciuffi d’erba sullo
sfondo di paesaggi dipinti; lo facciamo come l’unico modo per darne l’idea più
chiara a chi non li ha mai visti vivi, Al British Museum non c’è gran che
spazio per accessori realistici, tuttavia ogni uccello o animale viene
imbalsamato in modo da farlo sembrare il più possibile vivo, persino
mettendogli occhi di vetro. Riteniamo giusto dare alla gente un’idea precisa di
questi uccelli e animali per poi scandalizzarci quando si offre analogo aiuto
perché possa raffigurarsi eventi che li riguarda da più vicino di qualsiasi
altro della storia del mondo. Un coniglio o un merlo impagliato vanno bene, una
Carica di Balaclava impagliata va altrettanto bene, ma una Natività impagliata
secondo i canoni protestanti sarebbe offensiva. Al di là del desiderio di
aiutare le masse a raffigurarsi in modo
più vivido gli avvenimenti della vita del Cristo, vi è pure, ed evidente, la
volontà di attirare la gente offrendogli ciò che chiede. Questo è naturale e
legittimo nello stesso tempo. I nostri parroci scelgono i salmi e gli inni più
belli per i loro fedeli e in genere si danno un gran daffare per abbellire le
loro chiese. Perché la Chiesa di Roma non dovrebbe
poter fare la medesima cosa? E se lo fa meglio delle chiesi protestanti la si
potrà per questo biasimare ben poco. La gente infatti prova un gran piacere in
queste immagini scolpite. Ascoltate gli “Oh bel!” che bisbigliano mentre
guardano dentro, una grata dopo l’altra; e di solito più la cappella più
sgargiante e più sono contenti. A loro piacciono come da noi
piacciono le statue di cera di Madame Tussaud. Si dà per scontato che vengono
per adorare le immagini; certamente lo fanno; e non si curano nemmeno molto di
nasconderlo. L’autore della guida ufficiale del Sacro Monte di Locarno, ad
esempio parla di “solenne coronazione del simulacro ivi venerato” Ma, mi
chiedo, come possiamo non adorare le immagini? O non amarle? La reale forma
vivente del Cristo sulla terra non era veramente Cristo, non era che l’immagine
sotto la quale lo vedevano i suoi discepoli; e di coloro che amiamo non
possiamo vedere che una certa rappresentazione appena più versatile e più calda
di quella che potrebbe rappresentare un artista. Ma il “loro” più essenziale,
non lo vediamo.
Se tali cappelle abbiano risposto
o meno alle aspettative dei loro fondatori è un altro discorso. Hanno
certamente rafforzato la Chiesa
nelle vicinanze e hanno elargito un’incalcolabile quantità di piacere, ma penso
che nel Medio Evo si pretendesse dall’arte più quanto questa possa dare.
Speravo che una bella opera d’arte esercitasse un’influenza profonda e duratura
sulla vita di chi le viveva intorno. Senza dubbio ha un po’ di influenza,
sufficiente a incoraggiare tali opere, tuttavia, credo sia quanto mai effimera.
L’unica cosa che può influenzare
positivamente in modo profondo e duraturo l’animo dell’uomo è l’aver avuto
buoni antenati per molte generazioni – o, comunque, di risalire a un buon
antenato – e vivere tra brava gente.
Le cappelle di Varese di per sé,
a parte il loro contenuto, sono molto belle. Si susseguono l’un l’altra fresche
come variazioni di Händel. Ciascuna di esse è un piccolo capolavoro d’architettura,
mentre le statue che contengono a volte sono molto belle ma nell’insieme non sono
paragonabili a quelle di Varallo. Illustrano i misteri gaudiosi, cioè,
l’Annunciazione (subito oltre il primo grande arco), la Visitazione, la Natività, la Presentazione al Tempio e la Disputa tra i Dottori. Poi c’è un secondo arco oltre il
quale troviamo i misteri dolorosi, l’Agonia nell’orto, la Flagellazione,
l’Incoronazione di spine, la
Salita al Calvario, e la Crocifissione. Oltrepassato un terzo arco si
giunge ai misteri gloriosi, la
Risurrezione, l’Ascensione, la Discesa dello Spirito
Santo e l’Assunzione di Maria Vergine in Cielo. La cappella che suscitò in noi
maggior impressione fu quella della Disputa nel Tempio. Gli atteggiamenti e le
espressioni dei dottori vi sono mirabilmente rese. Ce n’è uno che doveva essere
un ecclesiastico dalle idee aperte, abbonato allo “Spectator”; tiene le braccia
incrociate sul petto, la testa sorridente un po’ inclinata da un lato. Sembra
dire di non essere disposto a negare che ci possa essere qualcosa di vero in
ciò che sta dicendo quel ragazzo, ma sono cosa da poco, dal momento che tutti i
punti essenziali sono già stati confutati molte volte; si tratta di cose già
viste e riviste, eccetera. Tutti i dottori sono ben riusciti, ma il Cristo è
debole, come lo sono Giuseppe e Maria sullo sfondo; in realtà in tutte le
cappelle i personaggi cattivi o mondani o indifferenti sono ben fatti, mentre i
santi non sono un gran che: evidentemente lo scultore o non li capiva o non li
amava e perciò gli riuscirono scipiti; ma l’artista che li ha restaurati
recentemente li ha resi ancora più deboli e fatui facendo a tutti quanti un
naso rosa.
Oltrepassata da poco la sesta
cappella, la strada fa una curva e tutta quanta la città sulla collina appare
alla vista come nel disegno in alto.
E’ un luogo di singolare
bellezza. Vale la pena di venire da lontano per vedere le cappelle, ma questo
panorama della città vale ancora di più: qualsiasi edificio situato sulla cima
di una collina, di norma, ci piace: è un fatto che dipende dalla nostra natura;
è un residuo dello stesso istinto per cui le pecore preferiscono raggrupparsi
in cima a un colle; dà un remoto senso di sicurezza, di posizione vantaggiosa contro il nemico. Agli italiani
riesce difficile vedere un posto sopraelevato senza provare il desiderio di
metterci sopra qualcosa e raramente hanno ottenuto un risultato migliore di
questo Sacro Monte di Varese. Dal momento in cui simile panorama si presenta
improvviso svoltando vicino alla settima cappella, o della Flagellazione, non
si può più distogliere gli occhi, e pare, come a San Michele, che diventi
sempre più bello man mano che si sale; vicino alla cima appare come nel disegno
in alto ma in bianco e nero non è possibile rendere adeguatamente la sua
estrema bellezza. Di lassù l’interesse si concentra sulle case situate alla
rinfusa, sugli allegri colori delle bancarelle dove si vendono collane di perle
e altre cianfrusaglie religiose, sullo splendido panorama, e sulla locanda dove
si può pranzare ottimamente e, credo, trovare anche un’ottima sistemazione per
la notte.
Il panorama dal balcone della
sala da pranzo è magnifico, in alto è riprodotto un disegno della terrazza
davanti alla chiesa.
Qui non c’è nessun edificio
paragonabile al santuario di San Michele, e non vi è traccia dello stupendo
romanico così imponente nella chiesa del Monte Pirchiriano; l’architettura è
recente, e il barocco, per non dire rococo regna sovrano; tuttavia l‘effetto
d’insieme della chiesa è buono. Il visitatore chieda al
sacrestano di mostrargli uno splendido pagliotto,
o tavaglia d’altare, ricamato in rilievo, opera del tredicesimo secolo. Così
pure dovrebbe allontanarsi un po’ verso Santa Maria dei fiori, per godere della
vista della città e della Lombardia. Non credo debba salire più di tanto, a
meno non gli piacciano le scalate.
Il Sacro Monte è una specie di
Rosherville Gardens religioso, cioè il posto giusto per trascorrere una bella
giornata.
Per nostra fortuna vi capitammo
durante una delle grandi feste dell’anno e non mi azzarderei dire quante
migliaia di pellegrini abbiamo visto salire e scendere.
Si comportavano in modo
ineccepibile e nessuno di loro era ubriaco. All’Hotel Riposo un vecchio signore
inglese ci disse che c’era stata un’altra festa simile poche settimane prima
durante la quale aveva visto un solo ubriaco, un inglese, che continuava ad
insultare tutto e tutti e gridava: “Manchester’s the place for me”.
Le processioni erano più belle
nella parte più alta della salita; c’erano pellegrini, tutti adornati di piume
colorate, e preti e stendardi e musica e porpora e oro e bianco e ottone rilucente
contro il cielo azzurro senza nuvole. Il vecchio prete stava ad una finestra
per ricevere le offerte dei fedeli mentre passavano; ma mi è sembrato che gli
dessero soltanto alcuni bambini di
cera. Forse era abituato. Intanto la banda suonava una musica barocca sulla piazzetta barocca e tutto l’insieme era barocco. Era come se il curato di
Ladywell avesse annunciato che, invece delle solite funzioni, i fedeli
sarebbero andati in processione con le loro carrozze al Crystal Palace, e che
la banda aveva provato a lungo “Wait till the clouds roll by” per suonarla poi
la domenica come clou della festa.
Il Papa ha emanato un decreto in
cui vieta le messe scritte come opere. E’ inutile. Il Papa può fare molto, ma
non potrà introdurre musica contrappuntistica a Varese, né niente di più
solenne di “la fille de Madame Angot”. E per quanto riguarda le fughe !...
Preferirei portare un vescovo inglese alla pantomima del Surrey piuttosto che a
una festa al Sacro Monte.
Poi i pellegrini entrarono
all’ombra, di un grande macigno dietro il santuario e si sparpagliarono
sull’erba per pranzare…” | |